La corioretinopatia sierosa centrale (CSC) è la quarta retinopatia più frequente dopo la degenerazione maculare senile, la retinopatia diabetica e l’occlusione venosa di branca.
Colpisce tipicamente gli uomini (con un’incidenza 6 volte maggiore rispetto alle donne) in un’età compresa tra i 20 ed i 50 anni.
Il meccanismo alla base della corioretinopatia sierosa centrale è ben riassunto dal nome stesso della patologia. Tutto inizia a livello dei vasi sanguigni della coroide (corio-), lo strato vascolare dell’occhio. Tali vasi si dilatano e diventano più permeabili del normale, con conseguente essudazione di un liquido sieroso attraverso le proprie pareti. Il fluido si accumula al di sotto della retina, causando una sofferenza (retinopatia) temporanea o, in alcuni casi, cronica, del neuroepitelio, il tessuto costituito dalle cellule nervose retiniche. La sede più colpita è la macula, la porzione centrale e più preziosa della retina, con evidenti conseguenze sulla visione.
Come si manifesta la CSC e quali sono i sintomi?
La CSC si manifesta acutamente ed i sintomi riferiti dal paziente sono:
- Micropsia: uno stesso oggetto viene percepito come più piccolo dall’occhio affetto rispetto all’occhio sano.
- Metamorfopsia: visione distorta per cui gli oggetti vengono percepiti come ondulati o deformati.
- Scotoma centrale: percezione di una macchia scura o grigia al centro del campo visivo. Il paziente lamenta talvolta di vedere “attraverso una bolla d’acqua”.
- Difficoltà nella messa a fuoco: la malattia può indurre un’ipermetropizzazione con cambiamento improvviso della gradazione della lente nell’occhio affetto.
- Discromaptopsia: alterata percezione dei colori, che appaiono più sbiaditi rispetto all’occhio sano.
Chi è a rischio di sviluppare la CSC?
La patologia in questione non presenta un’unica causa, ma molteplici fattori di rischio:
- Fattori anatomici: alcune persone presentano, per natura, un aumentato spessore della coroide. Una coroide più spessa è anche più soggetta, in presenza di altri fattori favorenti, allo stravaso di liquido dai vasi sanguigni.
- Fattori comportamentali: lo stress è uno dei fattori di rischio principali. In particolare, diversi studi hanno messo in evidenza un’associazione tra la personalità di tipo A (persone ipercompetitive, iperattive, ansiose, impazienti, aggressive nel mondo del lavoro) e la CSC. Anche lutti, situazioni di stress psico-fisico, alterati cicli sonno-veglia (turni di notte, insonnia) possono contribuire allo sviluppo della malattia.
- Fattori sistemici: l’assunzione di cortisone (per os, endovena, per via inalatoria, attraverso creme e, raramente, in collirio) e l’aumentata concentrazione di cortisolo nel sangue (sindrome di Cushing) sono un altro importante fattore di rischio. Inoltre, tutti i farmaci o le sostanze a base di principi psicostimolanti o vasodilatatori possono predisporre alla CSC: anfetamine (MDMA), spray nasali anticongestionanti, Viagra, Minoxidil ecc…
- Altre associazioni: infezione da H. pylori, iperaldosteronismo, sindrome dell’ovaio policistico, apnee ostruttive del sonno, gravidanza.
E’ una patologia grave?
Si tratta di una patologia che si risolve, nella maggior parte dei casi, entro 4 mesi, spontaneamente e senza conseguente sulla visione.
Nel 50% dei casi, si può avere una recidiva entro un anno dal primo episodio.
Nel 15% dei casi, i sintomi possono persistere per oltre 6 mesi nonostante il trattamento e in tal caso la CSC viene definita cronica. L’accumulo cronico di fluido sottoretinico può dar luogo a danni permanenti a carico dell’epitelio pigmentato e dei fotorecettori della retina.
Come si tratta?
Nei primi 3 mesi nessun trattamento è raccomandato, se non l’eliminazione dei fattori di rischio (interruzione di eventuale terapia cortisonica in atto, individuazione e correzione di situazioni stressanti, trattamento dell’insonnia ecc…). L’osservazione è sufficiente per monitorare l’evoluzione della patologia e la completa risoluzione del fluido.
In caso di persistenza del fluido e cronicizzazione della CSC, l’oculista potrà valutare se intervenire attraverso dei trattamenti farmacologici per bocca, terapia laser oppure iniezione intravitreale di specifici farmaci. Il consulto con lo specialista è fondamentale sin dalle prime fasi della patologia per una gestione personalizzata e aderente alle linee guida della comunità scientifica internazionale.
Articolo a cura di M.G. Cozzupoli